Quando si dice un periodo intenso. Tra le discussioni ancora molto forti con il gigante Microsoft, per via delle polemiche sulla concorrenza sleale di Google e le accuse da più parti e su differenti temi, per Big G è un momento se non altro non noioso. L’azienda di Mountain View infatti è stata di recente condannata perchè il Tribunale di Milano ha dato ragione ad un noto imprenditore che vedeva nella barra di ricerca il suo nome associato alla parola “truffatore”.
Nell’ambito delle ricerche sono stati compiuti moltissimi passi avanti e queste sono state perfezionate, per cui si è andati verso una crecente attinenza tra le parole cercate e gli effettivi risultati. Nel caso del ricorso però, la persona in questione, imprenditore del settore finanziario, ha verificato come ogni qualvolta veniva digitato il suo nome tra i risultati suggeriti comparisse “truffatore” o “truffa”.
Ritenendo tali informazioni non solo false ma diffamatorie, l’imprenditore ha chiesto e ottenuto l’eliminazione dei suggerimenti associati al suo nome, in modo da ripristinare un risultato naturale di tutti i contenuti presenti in rete, con il nome in questione. Non è la prima volta che Google ha a che fare con questioni giudiziarie, sempre in bilico tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, ma pur sempre capace di uscire e con successo dalle situazioni più complesse. Vedremo come questa volta sarà possibile districarsi dalle questioni più annose ed eventualmente venirne fuori indenne, soprattutto per via del clima rovente di polemiche che spesso e volentieri segnano l’andamento delle attività e rappresentano un potenziale rischio in termini di danni all’immagine dell’ azienda.