E’ possibile visitare in mostra la prima mail della storia e comprendere il modo in cui si è arrivati ad essa, grazie al National History Museum, che ha acquisito il copyright della prima mail inviata per esporla nelle sue sale.
Quello che è stato acquisito sono le documentazioni, il copyright e le oltre 50mila righe di codice che rappresentano la cronistoria dell’invenzione della posta elettronica.
Il codice che produsse i primi campi ‘da’, ‘a’ e ‘cc’ fu ideato dall’indiano Shiva Ayyadurai, allora 14 enne e oggi docente al Mit di Boston.
Un modo per regalare agli altri l’insieme di dati che rappresentano un po’ il primo passo verso quella che poi sarebbe stata l’affermazione della mail come strumento utile a comunicare, il cui utilizzo è stato per altro un continuo crescendo a tratti un po’ eccessivo, a detta dello stesso Ayyadurai:
“La maggior parte dei messaggi inviati oggi sono inutili o irrilevanti, e questo oltre che alle email si applica agli sms. Ho l’impressione che non si tratti più di comunicazione. Quello che la gente cerca è una connessione, ha bisogno di crearsi dei legami con altri esseri umani’.
Nel corso degli anni, va detto, c’è stata una forte evoluzione legata al formato di protocollo utilizzato per la composizione delle mail da un punto di vista di linguaggi di programmazione capace di garantire una migliore organizzazione dei messaggi stessi, una facilità di comprensione e un flusso forse più scorrevole, ma che oggi è diventato motivo di sovraccarico.
Per questo Shiva Ayyadurai ha ribadito l’importanza della mail come strumento unico sì e senza dubbio innovativo, ma certamente anche troppo utilizzato. Resta fermo un punto e cioè che avere la prima mail in un museo è un forte segnale anche del cambiamento e dell’innovazione a cui siamo certamente abituati ma che rappresenta sempre lo specchio della realtà che viviamo.