È sempre stata la cosa più difficile da esprimere: rendere il tono e le intenzioni quando si scrive. Di persona – si sa – è tutta un’altra cosa: ci sono le espressioni del volto, del corpo, l’intonazione della voce; ma quando si a che fare solo con la scrittura tutto diventa più complicato, perché le frasi possono cambiare il loro senso anche di molto in base all’intonazione e alla gestualità che usiamo quando le pronunciamo. Questo problema è stato in parte risolto 30 anni fa con le prime messaggistiche elettroniche, quando sono stati inventati quelli che oggi sono chiamati “emoticon” ma che tutti probabilmente conoscono meglio con il nome di “faccine”, almeno in Italia. Gli smiley (questo il nome più comune in inglese), infatti, sono nati proprio nel 1982 in Pennsylvania, alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh quando il professor Scott Fahlman decise di accompagnare dei messaggi scherzosi sulle bacheche elettroniche dalla sequenza di due punti, linetta e parentesi che se ruotati di 45 gradi danno l’idea di una faccia che sorride. Da lì alla faccina che invece è triste il passo è stato breve. Col passare degli anni poi le faccine si sono diffuse in tutto il mondo ed usando la fantasia e i caratteri ASCII ne sono nate nuove a migliaia. Si è potuto esprimere così mille altre emozioni ed espressioni: stupore, noia, rabbia, pianto ecc. Poi si è passati anche ad vere e proprie rappresentazioni di oggetti animali. Con la diffusione di Facebook sono talmente entrate nell’uso comune che ormai quasi tutti sanno che per disegnare un cuoricino basta digitare il simbolo di minore con il 3 accanto (<3).
Buon compleanno alle emoticon, allora, che ci hanno reso un po’ più facile e divertente lo scrivere.