Nel giorno di Natale del 1991 l’Unione delle Repubbliche Socialistiche Sovietiche si dissolveva. Poco più di un anno prima, l’URSS aveva ricevuto il suo dominio internet ufficiale: .su che resiste ancora oggi con milioni di siti online. Le pagine con estensione .su sono gestite da un’associazione senza fini di lucro, la RIPN Network Information Centre di Mosca.
Oltre ai siti per nostalgici del comunismo come stalin.su o siti divertenti che fanno molto traffico come chronicle.su dedicato alle notizie più strane dal mondo, il dominio .su è diventato il rifugio del cyber crime. Una legislazione carente ha infatti permesso il proliferare dei pirati informatici sui questi domini. In realtà molti cyber criminali hanno avuto campo libero per molto tempo anche sui domini russi con estensione .ru. Di recente però nuove regole e l’aumento dei controlli ha portato molti pirati della rete dai domini russi ai domini .su, tanto che nel giro di un anno, dal 2011 al 2012 i il loro numero è raddoppiato superando quelli su .ru. Un famoso sito pirata è Exposed.su, non più attivo, che un po’ di tempo fa aveva pubblicato informazioni private su Michelle Obama, Mitt Romney, e altri vip.
In genere, i siti usati per attività illecite in rete vengono identificati e chiusi abbastanza rapidamente, ma per i domini .su gestiti da RIPN questo avviene solo dopo molti mesi a causa di un regolamento poco efficace e i termini di servizio obsoleti. La società ha però fatto sapere che presto verrà pubblicato un nuovo regolamento che renderà la chiusura dei siti pirata più facile e veloce. La via più semplice, come fa notare il Post, sarebbe chiudere direttamente il dominio, così come a suo tempo fu fatto per i domini di altri paesi scomparsi con la fine della Guerra fredda. Furono soppressi .yu, per la Jugoslavia, e .dd per la Germania dell’Est ad esempio. Il problema è che, come dicevamo prima, oltre ai cyber siti ce ne sono altrettanti legali e molto seguiti che non hanno motivo per essere chiusi.